Pio Monte della Misericordia
Il Pio Monte della Misericordia è un edificio monumentale di Napoli situato in piazza Riario Sforza, lungo il decumano maggiore.
Nato come istituzione benefica laica, tra le più antiche e attive della città, ospita al suo interno una chiesa seicentesca dov’è conservata la tela delle Sette opere di Misericordia del Caravaggio, tra le più importanti pitture del Seicento italiano, e altri prestigiosi dipinti dello stesso secolo appartenenti alla scuola napoletana.
Storia
Fondazione e statuto delle Capitolazioni
Il periodo della Controriforma fa da cornice storica alla nascita del Pio Monte, nato per volontà di un gruppo di sette giovani nobili composti da Cesare Sersale, Giovan Andrea Gambacorta, Girolamo Lagni, Astorgio Agnese, Giovan Battista d’Alessandro, Giovan Vincenzo Piscicelli e Giovanni Battista Manso i quali, a partire dal 1601, erano soliti riunirsi tutti i venerdì all’ospedale degli Incurabili per mettere in atto a loro spese un programma di opere assistenziali che avevano l’obiettivo di dare cibo agli ammalati. Col tempo le opere caritatevoli aumentarono fino ad accumulare anche un cospicuo capitale a fondo benefico, che ammontava a 6.328 ducati, da destinare ai non abbienti.
Nel 1602 fu fondato per questi motivi il Pio Monte della Misericordia, ente istituzionale che si occupò da quel momento di far convergere le risorse e di organizzare le attività benefiche, che consistevano in quel momento nel soccorrere gli indigenti, assistere gli infermi, riscattare gli schiavi cristiani dagli infedeli, assistere i carcerati, liberare i detenuti per debiti e dare alloggio ai pellegrini. Nel 1603 venne redatto lo statuto del Pio Monte con approvazione dapprima del viceré Giovanni Alfonso Pimetel de Herrera, nel 1604, e poi con l’avallo di papa Paolo V, avvenuto quest’ultimo nel 1605.
Lo statuto disciplina e regolamenta da più di quattrocento anni i meccanismi di controllo, gestione dei fondi ed elezione dei governatori dell’ente. Questo si compone di 33 articoli costituenti le cosiddette Capitolazioni e sin dall’origine era finanziato solo da laici. Il buon governo era invece garantito attraverso la rotazione semestrale di sette governatori impegnati nelle diverse opere, al fine di assicurare la massima correttezza nell’uso dei fondi benefici. Questi si riunivano due volte alla settimana nella sala dell’Udienza per stabilire i compiti e come organizzare le attività da svolgere. La camera si componeva di un tavolo a sette lati dove in ogni spicchio era intarsiata la frase Fluent ad eum omnes gentes e un’opera della misericordia che ricadeva sul governatore che sedeva in quella porzione di tavolo e che doveva prendere in carico. Secondo un meccanismo di rotazione semestrale ben definito accadeva che ognuno dei governatori eletti ruotasse di volta in volta per assumere alla fine tutte e sette le attività previste: al primo eletto veniva affidato il compito di visitare gli infermi, dopo sei mesi passava all’attività di seppellire i morti, poi a quella di visitare i carcerati, poi di redimere i prigionieri, di soccorrere i poveri vergognosi, di dare alloggio ai pellegrini e infine, l’ultima carica prevista, di gestire il fondo capitale del Pio Monte.
I sette governatori provenivano dalla nobiltà napoletana ed erano di età superiore ai 25 anni; venivano inoltre eletti ogni tre anni e mezzo. La nomina dei sette governatori avveniva attraverso un meccanismo di votazione che interessava una giunta composta da circa ottanta membri di età superiore ai 18 anni, scelti sempre con particolari meccanismi stabiliti dalle Capitolazioni.
La prima sede di Giovan Giacomo di Conforto
in un primo momento la sede dell’istituzione fu in una piccola chiesa costruita tra il 1607 e il 1621 da Giovan Giacomo di Conforto, che per il progetto fu pagato 25 ducati. A questo periodo risalgono inoltre le commissioni di tutte le tele che decorano l’interno della chiesa; al 1607 risulta infatti il pagamento di 400 ducati al Caravaggio per l’esecuzione delle Sette opere di Misericordia, dipinto destinato al presbiterio e primo in ordine cronologico di tutto l’ambiente religioso.
Negli altri sette altari laterali vennero richieste altrettanti opere specifiche raffiguranti una determinata opera misericordiosa: a Giovan Vincenzo da Forli, tra il 1607-08, fu chiesto il dipinto sul Buon samaritano, a Giovanni Baglione fu chiesta nel 1608 la Deposizione di Cristo, a Fabrizio Santafede il San Pietro che resuscita Tabitha, datato 1611 e il Cristo in casa di Marta e Maria, del 1612, a Battistello Caracciolo venne commissionata in cambio di un compenso di 100 ducati[8] la Liberazione di san Pietro nel 1615 e, per ultima, poco posteriore a queste, è infine la tela di Giovanni Bernardo Azzolino raffigurante San Paolino che libera lo schiavo del 1626-30.
Seppur nata con ideologie laiche, il Pio Monte sin dalla sua fondazione ha da sempre instaurato un rapporto “collaborativo” con l’ordine dei Gesuiti, per i quali furono stanziati in più occasioni nel corso del tempo dei fondi per costruire varie strutture da loro gestite. Durante tutto il secondo decennio del Seicento, nonostante i costi sostenuti per la costruzione della sede napoletana, il Pio Monte si dimostrò comunque sin da subito particolarmente attivo nello svolgimento delle attività prefissate, come per esempio ad Ischia, nella zona di Casamicciola, dove sotto la guida dello stesso di Conforto fu realizzato un ospizio che potesse accogliere fino a 300 persone indigenti annue.
La nuova sede di Francesco Picchiatti (seconda metà del XVII secolo)
Nel 1653 la chiesa dell’edificio fu demolita per essere ricostruita integralmente e dal 1658 al 1678 il complesso fu riorganizzato in uno stabile più grande, grazie anche all’acquisto di circa 10 costruzioni limitrofi, in quanto quello precedente divenne insufficiente per le cresciute esigenze dell’ente. Della prima chiesa non si ha alcuna testimonianza dalla quale è possibile carpire quale fosse la sua forma e architettura, tuttavia grazie alla mappa della città di Alessandro Baratta della metà del XVII secolo si evince che questa avesse forma considerevolmente più ridotta rispetto all’attuale, con tetto privo di cupola e con pianta rettangolare, forse con tre cappelle per lato entro le quali erano collocate le tele e l’altare maggiore su quella frontale dov’era il dipinto del Caravaggio.
Il nuovo progetto edilizio fu affidato dopo un primo rifiuto di Cosimo Fanzago, in esubero di lavori già precedentemente accettati, all’architetto Francesco Antonio Picchiatti, che percepì per la stesura del disegno preparatorio un compenso di 30 ducati più altri 80 annui durante tutto il periodo di costruzione. Con il Picchiatti l’edificio del Pio Monte e l’annessa chiesa assumeranno l’aspetto che ancora oggi hanno.
Intanto nel 1666 invece terminarono i lavori della grande cupola della chiesa mentre nello stesso anno furono commissionate ad Andrea Falcone le sculture del porticato esterno, originariamente commissionate a Gianlorenzo Bernini, che però rifiutò per via di altri impegni presi in precedenza, e che in un secondo momento furono girate al Falcone il quale avrebbe dovuto eseguire le statue sotto la supervisione del Fanzago e che invece molto probabilmente compì in piena autonomia, in quanto l’architetto e scultore bergamasco non compare in nessun documento che attesti un suo lavoro all’interno del cantiere. Tra il 1668 e il 1671 inoltre furono completate dal Falcone le due acquasantiere della chiesa, disegnate dal Picchiatti, e le balaustre, gli altari marmorei e gli altri elementi decorativi delle cappelle interne, lavori questi che eseguì con l’ausilio di Pietro Pelliccia. Al 1671 risale anche la Deposizione di Cristo commissionata dietro compenso di 200 ducati a Luca Giordano[8] col fine di sostituire quella del Baglione in cappella, pagata 120 ducati, poi ricollocata all’interno degli ambienti del palazzo del Pio Monte costituenti la quadreria. Nel 1674 furono infine commissionate ancora al Falcone altre quattro sculture da inserire all’interno dell’aula della chiesa, tra le quali un San Gioacchino, un San Giuseppe e due profeti; tuttavia a causa della morte dello scultore, questi riuscì a finire nel 1675 solo la statua del profeta David, che fu poi collocata sullo scalone monumentale che porta alle sale del primo piano del complesso.
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Ingresso accessibile in sedia a rotelle
Adatto ai bambini
orari apertura
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Martedì | 10:00-18:00 |
Mercoledì | 10:00-18:00 |
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